Il bisogno di innovare

Se cercate su Google il termine “Innovation” troverete circa 450 milioni di risultati, se invece  cercate “Innovazione” vi dovete accontentare di un po’ più di 22 milioni.

Il concetto di Innovazione, inteso come cambiamento che porta alla crescita, è sempre stato molto importante, ma in questo periodo storico di crisi economica lo è ancor di più. Da un lato si ha la percezione che soltanto le aziende “innovative” siano in grado di stare sul mercato e continuare e crescere, dall’altro si fa un gran parlare di “start-up innovative”, come se la nascita di nuove piccole aziende, dotate di una forte connotazione tecnologica, sia l’unico fattore rilevante nella crescita economica globale. Purtroppo non è così ed i numeri sono lì a dimostrarlo.

Da decenni ormai il mondo industriale si divide in tre parti:

  1. le aziende che innovano costantemente i loro prodotti, servizi e modelli di business, stanno correttamente sul mercato e generano valore aggiunto per se stesse e per il mondo che le circonda;
  2. le aziende che tentano di innovare, riuscendoci parzialmente, ma senza affidarsi a metodiche consolidate  di gestione dei processi di innovazione, in perenne crisi e ristrutturazione, con qualche intuizione ogni tanto, destinate al fallimento nel lungo periodo;
  3. le aziende che non innovano e non si rinnovano, credendo di essere protette da qualche sorta di monopolio o da strumenti di protezione della proprietà intellettuale che, in un mondo globalizzato, sono sempre meno efficaci, sono purtroppo realtà destinate al fallimento nel breve / medio periodo.

Ora più che mai vale il mantra “Change Or Die!” nato negli anni settanta (come chi scrive) e poi ripreso da Alan Deutschman prima su Fast Company e poi nel suo libro Change or Die: The Three Keys to Change at Work and in Life.

La storia purtroppo è costellata da aziende, anche molto grandi, che non sono riuscite a cambiare i propri modelli di business, non sono riuscite a rimanere sul mercato e di conseguenza si sono enormemente ridimensionate oppure sono scomparse.

Giusto per fare qualche nome: Blockbuster, Kodak, Atari, Commodore, Polaroid, Palm, Aiwa.

In molti casi il problema non risiede nelle idee più o meno innovative, ma nell’incapacità di averne un numero sufficiente, di selezionarle adeguatamente, di orientare correttamente le risorse di ricerca e sviluppo e, infine, di superare agevolmente la Valle della Morte.

La valle della morte è uno spazio decisionale, vago e mal definito, nel quale le idee (anche quelle buone) semplicemente svaniscono, perdendo ogni possibilità di arrivare alla fase di commercializzazione.

Si parte da un’idea con l’obiettivo di portare sul mercato, nei tempi previsti e nel modo migliore, il prodotto, il servizio o il business model che l’idea descrive. Sfortunatamente in quasi tutte le organizzazioni arriva un momento in cui le risorse della ricerca e sviluppo iniziano a diminuire e vengono orientate su altri progetti, mentre quelle della produzione non sono ancora disponibili in quanto l’idea non è ancora arrivata ad un grado di maturità sufficiente per essere valutata ed eventualmente finanziata.

Per affrontare questo problema è necessario dotarsi di un processo di gestione dell’innovazione industriale completo ed efficiente, che fornisca gli strumenti per convertire le idee in opportunità, per analizzare il mercato, per essere in grado di confezionare un business case completo e convincente ed infine per attuare politiche di adozione dell’innovazione all’interno dell’organizzazione.

Tutto questo, e molto altro, potete trovarlo all’interno del libro Innovazione aziendale: Metodi e strumenti per affrontare il cambiamento in azienda disponibile qui sul sito dell’editore Tecniche Nuove in formato cartaceo o PDF, oppure su Amazon in formato Kindle.

Buona Innovazione a tutti!